Articolo di Silhouette Donna
Elena Goretti, Silhouette Donna, settembre 2013
COSÌ MI SONO LIBERATA DALLA MIA CORAZZA
Grazie a una nuova tecnica dolce, il corpo riconsegna i blocchi di memoria registrati inconsciamente dalla nascita e diventati col tempo armature
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Quando è arrivato in redazione il nuovo libro di Marie Lise Labonté Liberarsi dalle corazze sono rimasta subito molto incuriosita. Si parlava di una nuova tecnica psicocorporea capace di far cadere le "armature" mentali e fisiche di cui ci rivestiamo e che si manifestano in tensioni muscolari, posture sbagliate, chiusura delle articolazioni, accumuli adiposi, dolori e disturbi.
non so voi, ma io...
Si chiama Metodo di Liberazione delle Corazze© e, nel libro, la sua ideatrice lo spiega così: «nel corso della vita, le corazze si accumulano, stratificandosi, ogniqualvolta abbiamo detto "no" alla vita e "sí" alla negazione di noi stessi. Assomigliano ad armature, a muraglie o a sipari. La psicoterapia aiuta a identificare con le parole l'origine di un blocco, ma non a eliminare le memorie "registrate" nel corpo. Solo un approccio psico-corporeo può dare il via a questa liberazione» . E siccome io di corazze me ne sento parecchie addosso, ho deciso di scrivere a uno degli insegnanti che praticano il Metodo in Italia e gli ho chiesto di provarlo. Ecco cosa è successo.
dialogo con il mio corpo
Guido Zorn è uno dei pochi insegnanti in Italia: si è formato con Marie Lise Labonté a Parigi e ora sta diffondendo il Metodo nel nostro Paese. « Sono sicuro che in pochi mesi si potrà praticare in molte città italiane: in Francia è diffusissimo e anche in Spagna in breve tempo ha avuto grande successo» mi dice. Mi siedo su un materassino sottile: sono scalza e vestita con abiti comodi. Provo a chiedergli: « non è meglio se prima le racconto qualcosa di me?» . Lui mi risponde: « no, non sarà necessario, né prima né dopo la seduta. Sarà un dialogo personale con il suo corpo: lui le rivelerà le cose bloccate nella "sua" memoria fisica e lei lo ascolterà. Anche durante la seduta, non dovrà dirmi niente: io le indicherò quali movimenti fare, ma gli effetti li registrerà in silenzio, da sola» .
ci riconosciamo
Mi alzo in piedi. L'insegnante mi dice di prendere una pallina da tennis e appoggiarci sopra il piede. Devo fare delle circonduzioni lente e permettere alla pallina di percorrere tutta la superficie. Fa un po' male, perdo l'equilibrio, ma poi diventa piacevole. Ripeto anche dall'altra parte e poi mi stendo, ad occhi chiusi. « Come sente l'appoggio del suo corpo sul suolo?» mi chiede. Ci penso. In effetti i muscoli dei glutei, dei polpacci e delle spalle sono così tesi che mi sento come sospesa. Non mi era mai capitato di "ascoltare" il corpo come se fosse una massa indipendente dal mio controllo. D'un tratto capisco cosa intendeva dicendo « sarà lui che si rivelerà» , come un soggetto distinto dalla mia mente. « Ciao, corpo!» gli dico allora, fra me e me.
il dolore e le "aperture"
L'insegnante mi dice di prendere due palline da tennis che ho al mio fianco e di posizionarle entrambe sotto i glutei e da questa posizione eseguire delle circonduzioni del bacino: è difficile e soprattutto molto doloroso. Quando le tolgo, stranamente avverto che qualcosa è cambiato in gola: è come se improvvisamente si fosse aperta, "stappata" e l'aria che inspiro sia più fresca, quasi balsamica. L'insegnante mi invita a eseguire altri movimenti con le palline e un bastone posizionati sotto la schiena, accanto alla spina dorsale. Fa davvero male e i gesti, gli allungamenti, le circonduzioni che mi chiede di compiere sono faticosi, innaturali per il mio corpo. Che vorrà dire?
e poi, la sorpresa finale
Infine, mi chiede di prendere due palle di gommapiuma e di collocarne una sotto il bacino e una sotto la testa. Rispetto a quelle da tennis, queste sono morbide e grandi, così mi sento comoda. « Ora provi a dondolarsi a destra e sinistra, come se si stesse cullando su un'amaca» mi dice. Ci provo ed è bello, rilassante. D'un tratto succede una cosa stranissima: quel movimento di "cullamento" mi riporta alla mete con un'intensità pazzesca un ricordo di me da neonata fra le braccia di mia madre. Ma non è un ricordo, è proprio la sensazione fisica di essere lì, in quel momento, cullata e sorretta da lei, per di più nel giorno del mio battesimo. L'insegnante mi dice che la seduta è terminata e che posso alzarmi, ma non appena mi siedo inizio a piangere. Non è un pianto di tristezza, anzi. È un misto di piacere, emozione, nostalgia che non riesco a trattenere. Non è necessario (né richiesto) spiegare. Lui semplicemente mi dice che il corpo si libera così delle sue tensioni emotive e riconsegna strati di corazze sedimentate fin dalla nascita. Io non so bene cosa sia successo, ma di certo la mia mente non poteva avere memoria di quando avevo un mese e mezzo di vita. Forse davvero una corazza si è spezzata. Perché ora ripenso spesso a quella sensazione con grande serenità.
Elena Goretti